DIARIO DI BORDO 3

A fine giornata ci si ritrova nel bar di un paese dell’entroterra. Si finisce per discutere del Genoa (anche se io sono della Samp), basta politica. In fondo l’importante è questo, parlare, ascoltarsi, viene quasi il dubbio che tutta questa storia delle elezioni sia quasi un alibi per potersi incontrare. E a quest’ora siamo tutti stanchi, ci ha preso la dolcezza della sera. “Dai, l’importante è che il prossimo anno ci sarà ancora il derby”, butto lì. “Si, ma dobbiamo comprare qualcuno che corra”, mi dice l’uomo che ho davanti. Su una cosa siamo d’accordo, ci piace Davide Nicola, l’allenatore. È uno che non parla solo di calcio, che sa dire cose preziose anche mentre parla di zona e marcature. Sarà perché, dico io, lui la vita l’ha vista davvero. Perché ha pure sofferto, ha avuto un grande dolore. “Si”, mi dice l’uomo e infila la faccia dietro la tazzina del caffè per non farsi vedere gli occhi, “Si, Nicola mi piace, lo capisco. Anch’io ho avuto lo stesso dolore”. E io resto lì fermo. Che senso ha adesso parlare di elezioni, di slogan e programmi? Restiamo un attimo in silenzio. Ci tocchiamo il gomito, anzi, stavolta ci stringiamo la mano.

Condividi sui tuoi social