Così oggi ce ne torneremo a casa con il nastro rametto di mimosa e penseremo di aver fatto il nostro dovere. Scriveremo un post – magari come questo – e ci sentiremo di essere perfino persone sensibili. Consapevoli.
Mai come in questi mesi da politico mi sono reso conto di quanto ancora siamo indietro nel realizzare una società di cui donne e uomini siano ugualmente partecipi e costruttori. Me ne sono accorto quando in Consiglio Regionale, alla conferenza dei capigruppo, ci siamo ritrovati di fronte tutti uomini (me compreso), come in uno di quegli antichi club inglesi. L’ho capito quando durante un incontro elettorale un signore ha detto: “Diamo la parola a quella bella signora”, perché per la prima volta mi sono chiesto se mai avevo sentito dire: “Diamo la parola a quel bel signore”. L’ho sentito ascoltando i discorsi – forse anche i miei – nelle aule, nelle piazze, ahimé su Zoom che tratteggiavano un mondo disegnato dagli uomini. Sì, perfino quando parlavano di donne, lo facevano usando immagini e pensieri maschili.
E mi sono finalmente reso conto di quanto sia un peccato, oltre che una grande ingiustizia.
Un peccato perché sarebbe molto più ricca la nostra società se raccogliesse due sensibilità diverse quando si parla di futuro, di lavoro, di ambiente, di future generazioni. Una società che si arricchisse di pensieri, parole, sogni, colori differenti (ed è anche per insicurezza, non solo per una prepotenza istintiva e culturale, che gli uomini non accettano di mettersi in discussione e concedere metà dello spazio).
E’ un peccato non soltanto per le donne che non hanno uguale voce. E’ una grande occasione persa anche per gli uomini. Ci libererebbe dalla tentazione spregevole di risolvere il confronto con la violenza, con lo scettro dei soldi o di gerarchie messe in piedi da noi. Ci libererebbe da quella parte di noi stessi che ci porta a vedere l’affermazione nel confronto cieco ed esasperato – così maschile! – sul lavoro, ma non solo. Ci porterebbe finalmente a trovare un ruolo diverso, non minore; a coltivare un’affettività diversa – capace di riconoscere delicatezze e fragilità come ricchezza – con le nostre compagne, i figli. Con tutti.
Torniamo a casa con una mimosa. Sarebbe una conquista per le donne avere finalmente spazi e diritti uguali. E vivremmo molto meglio anche noi uomini.
Buon 8 marzo.