LO SCAFFALE DEI PARTITI.
(considerazioni sul Supermercato Italia)
Di Roberto Centi
Nella evoluzione dei partiti da centri organizzatori e propulsori di elaborazione di pensiero e di prospettive politiche a para-prodotti da supermercato, questa volta gli elettori/acquirenti hanno privilegiato il prodotto Fratelli d’Italia e hanno lasciato sullo scaffale le scatole di Lega e Forza Italia a Destra e del PD a Centro Sinistra.
Si tratta della prassi ormai usuale e assai fluida di provare tutto il provabile: le parabole ascendenti e improvvisamente discendenti prima di Berlusconi, poi di Renzi, poi di Grillo, poi di Salvini sono lì a testimoniare una abitudine che fino ai primi anni Novanta non avrebbe avuto senso.
In questo contesto, l’ indubbia vittoria di Giorgia Meloni, che tanto ha fatto scalpore, in realtà è un semplice spostamento di voti all’interno della Destra: infatti il 25 settembre nella sua interezza la Destra ha raccolto 12.285. 587 voti, solo circa 100.000 voti in più rispetto al 2018, e molti meno del 2008, quando raggiunse ben 17.064.506 voti, il suo massimo.
Che l’Italia sia un paese con una componente di elettori percentualmente notevole che votano a Destra non è una novità, semmai una novità è il concentrarsi di questi voti su un partito che si richiama alla tradizione neofascista ma che non è molto più estremista della Lega delle politiche del 2018, Lega che nelle Europee del 2019 arrivò persino a superare di parecchio il 30 per cento.
Anche il partito di Silvio Berlusconi, che rappresenta, almeno nel comune sentire, un elemento di maggiore moderazione, ha tratti di conservazione e di opposizione ai valori sociali e non è stato in Italia meno foriero di conseguenze negative rispetto ad altri, creando un mutamento antropologico in vent’anni di iperliberismo e di prevalenza della forma sulla sostanza delle cose, che mostra un essere autenticamente di Destra.
Irrilevante sembra poi essere ormai il ruolo di una destra neocentrista, capitanata, si fa per dire, da Toti, Brugnaro e Lupi, che non supera l’uno per cento su scala nazionale e che ha perso in Liguria quasi tutti i votanti, segnando la fine politica dello stesso Toti a livello nazionale e scricchiolii preoccupanti in Regione.
Ma ciò che balza agli occhi è anche il fatto che, in quello che ho chiamato “scaffale dei partiti”, solo elettori affezionati e che rappresentano una specie di zoccolo duro, di consumatori tradizionali,compra il prodotto PD, un prodotto evidentemente percepito come stantio, poco appetibile, poco corrispondente alle esigenze dell’utenza elettorale: una scatola senza etichetta accattivante, con contenuti tutto sommato contraddittori e suddiviso a sua volta all’interno in una serie di scatolette, ognuna delle quali impermeabile ad un dialogo vero e propositivo con il resto della scatola.
Un partito che comunque rappresenta una fetta importante dell’elettorato, ma che proseguendo su questa strada è destinato a spaccarsi o a implodere, una scatola che ha anche il difetto di fabbricazione di avere due pezzi che non si incastrano bene, la cosiddetta ” ditta” degli ex PDS/DS e gli ex Margherita democristiani o almeno Cattolici di provenienza.
E non sarà un cambio di segretario, nel gioco al massacro dei segretari finora perpetuato, a risolvere il problema.
Il contenitore Movimento 5 stelle, che sembrava destinato, come scatola, a un rapido smaltimento, ha saputo trovare invece contenuti più chiari, etichette nuove e un traino forte ancorché discutibile, nelle sue forme attuali, come il reddito di cittadinanza, ma tali da farlo considerare di nuovo comprabile e addirittura, in progressione, più appetibile della informe offerta del PD, ormai da tutti ritenuto più a destra, nel nostro immaginario scaffale, rispetto allo stesso Movimento 5 stelle.
Ma non posso pensare, da uomo strutturalmente a Sinistra, che si possa lasciare ai Pentastellati di Conte, ancorché abile nel cogliere l’opportunità, un patrimonio di lotte e valori così ampio.
Ancora debole e incompleta l’offerta che mette insieme i Verdi e Sinistra italiana e che sembra necessiti di ulteriori apporti per creare una formazione che si irrobustisca in una vocazione ambientale meno ideologica e, sotto il profilo sociale,in un soggetto organizzato e proiettato al futuro.
Il cosiddetto Terzo Polo, invero sostanzialmente trainato dalla figura di Carlo Calenda, con un Renzi che in campagna elettorale è rimasto acquattato e teso più al risultato che alla visibilità, sembra raccogliere un elettorato di centro che nelle intenzioni dei componenti doveva assurgere a livelli più alti e che invece, in un sistema comunque bipolare ancorché pieno di limiti come il Rosatellum, rischia di essere marginalizzato.
Sostanzialmente ininfluenti le altre formazioni politiche.
Che farà la Meloni?
Certamente si tratta di una donna scaltra politicamente, anche perché non è affatto nuova delle stanze e dei corridoi della politica, in quanto protagonista della vita politica nazionale degli ultimi 25 anni anche con funzioni di ministro, peraltro votando di tutto e di più.
Dai suoi primi atti il suo atteggiamento sembra quello di privilegiare la sobrietà, in continuità economica e di politica estera con il governo Draghi, evidentemente preoccupata dalla invadenza di un Salvini senza ormai più bussola e di un Berlusconi che approfitterà della sua ripresa elettorale per sferrare qualche colpo di coda inatteso.
Il rischio è che le politiche di Fratelli d’Italia, in un contesto di crisi totale, geopolitica, economico/finanziaria, energetica e soprattutto sociale, delle vecchie e nuove povertà, si concentrino su un attacco ai diritti civili, lasciando che si inaspriscano per loro conto le condizioni già precarie in cui vive la maggior parte del paese, incapaci come sono, questi governi di destre raccogliticcie, di opporsi al vento dei potentati del mondo globalizzato, anche perché, come gli storici ben sanno, la cosiddetta Destra sociale di sociale ha sempre avuto ben poco e si è sempre appiattita su chi detiene il potere.
E i primi passi della Meloni in economia sembrano andare in questa esatta direzione.
La Sinistra va invece completamente rifondata: ragionando per desiderabili utopie, vorrei che il PD si sciogliesse, nella sua forma attuale, e desse vita a una fase costituente aperta a tutti coloro che sentono ancora necessario un progetto di Sinistra, un progetto rispettoso dei numeri e della tradizione di quel partito, ma anche coraggioso nel portare avanti idee nuove, abbandonando molto del ciarpame che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni senza però abbandonare i temi cardine di una sinistra moderna, lavoro e ambiente, mantenendo fermâ la barra sui diritti civili, ma senza che questi diventino l’unico campo di impegno come è stato fatto ormai da molti anni.
Una Sinistra che guardi con occhio critico a processi potenzialmente irreversibili come l’ automazione selvaggia, la precarizzazione del lavoro, che persegua una redistribuzione del reddito per il motivo molto semplice che i pochi ricchi diventano sempre più ricchi, nel mondo e in Italia, e i poveri di diventano sempre più poveri.
Che parli davvero ai giovani, ma non ascoltandoli solo prima delle elezioni, ma coinvolgendoli in tutte le sedi e candidandoli a tutte le cariche senza che diventino subito le ruote di scorta del satrapo locale di turno.
E, in questo contesto, la Sinistra non può continuare a vincere nei quartieri bene e a perdere nelle periferie, perché vuol dire che non è più Sinistra.
Il PD è stato il partito più votato dai laureati, lo so, ma questo non è un bene, perché accanto al dato positivo, bisogna leggere il fatto che agli altri non arrivano né le idee (quali?), né soprattutto il linguaggio della Sinistra stessa.
Cominciamo a smettere di parlare di “diseguaglianze” e ricominciamo a parlare di “ricchi” e di “poveri”, si capiranno meglio concetti.
Anche in questo il politically correct ha fatto danni, perché spesso si usano gerghi da iniziati, che non scaldano né il cuore né la mente e la gente non scende in piazza seguendoli: lo aveva già capito Cuoco per la rivoluzione napoletana del 1799.
Siamo un po’ indietro.
Resta il timore di fondo, e a quello poco si può opporre: che il vento generale spiri ormai verso Destra, perché il nuovo sole dell’avvenire che doveva essere la globalizzazione, svelando il suo vero volto iperliberista, ha generato una corsa disperata a una salvezza personale, individualistica e quindi egoistica, come persone e come paesi.
Una corsa senza freni della quale si ergono a capi leader spregiudicati senza sostanza e senza passione politica in senso alto.
L’Italia è maestra nel cercare capipopolo che promettano salvezze individuali, riservate al nostro povero nulla.
C’è stato un tempo in cui era chiaro che non può essere così: c’erano pensieri forti che lo insegnavano e lo diffondevano, c’erano valori cristiani radicati, diffusi e condivisi, c’erano valori socialisti radicati, diffusi e condivisi.
Oggi ci sono il dio mercato, la Rete finto-egualitaria e un consumismo ossessivo/compulsivo con multinazionali che hanno bilanci più corposi di quello di interi stati.
E apprendisti stregoni che ballano sul Titanic.
L’anima la si può salvâre da soli, la società si salva insieme, sennò si muore o di fame o di solitudine e di angoscia.
E la medicina sta solo nella giustizia sociale e nella tensione al bene collettivo.
(Roberto Centi)