Renzi è soltanto l’ultimo esempio di politico sconfitto da se stesso. La nostra storia recente ne è costellata: Massimo D’Alema, per restare nel centrosinistra. Ma in fondo anche Silvio Berlusconi. E Matteo Salvini pare destinato alla stessa sorte.

Il fiuto politico – da Renzi a Salvini tutti ne hanno – non basta. Conta il carattere, nel senso di tempra, ma anche di capacità di fare fronte agli altri e, appunto, a se stessi. Le vittorie e le sconfitte rivelano lati di te che non conosci e, talvolta, non controlli. L’ambizione, talvolta l’arroganza.

Chissà se nella crisi in cui Renzi ha fatto piombare un Governo e un intero paese la molla sia stata proprio l’innegabile ambizione dell’ex premier. In fondo non ci interessa. Ammettiamo che davvero le sue intenzioni fossero altre: la critica di come il Governo Conte ha gestito il Recovery Plan.

Ecco, anche in questo caso Renzi non avrebbe ragione. Italia Viva aveva il diritto di criticare duramente la gestione del Recovery, poteva chiedere che il piano del Governo fosse modificato. E infatti ha ottenuto molti ritocchi. Ma non poteva pretendere che Conte accogliesse tutte le proposte di Renzi. Far parte di una coalizione significa questo: chiedere, ottenere, ma in parte rinunciare.

Vale soprattutto oggi che siamo di fronte a un’emergenza senza precedenti negli ultimi decenni: il covid. Non c’entrano più Conte e nemmeno la maggioranza giallorossa. Qui c’entrano proprio l’Italia e i cittadini. Il loro benessere, il futuro e perfino la vita.

Ci sono situazioni di fronte alle quali è un dovere fermarsi. Essere leali, non a un Governo, ma a un Paese. Invece tanti politici e amministratori hanno continuato ad anteporre se stessi e il proprio partito. Nella migliore delle ipotesi lo hanno fatto per difendere un programma. Nella peggiore perché avevano come prima preoccupazione la propria parabola politica. È successo anche a tanti governatori che hanno speso gli ultimi mesi in un estenuante braccio di ferro con il Governo.

Impossibile dire quale fosse l’intenzione di Renzi. E in fondo non importa. Non rileva del tutto neanche che Conte e i suoi ministri abbiano affrontato l’emergenza economica e sanitaria meglio di tanti altri paesi.

Il risultato è uno solo: il rischio, pur di prevalere, di far restare l’Italia e gli italiani senza una guida e una strategia (pur perfettibile) nel momento di massima difficoltà.
Come hanno scritto ieri Milena Gabanelli e Simona Ravizza sul Corriere della Sera il passaggio di consegne tra governi può paralizzare le attività anche per cinque mesi. Oggi non possiamo permettercelo.

Per ottenere tutto spesso non si ottiene niente. E a perdere non è soltanto il tuo partito, ma l’intero Paese.

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